Dall’occupazione delle terre degli anni ’40 del Novecento fino ad arrivare alle cooperative agricole e sociali dei nostri giorni, la mostra attraversa 40 anni d’impegno – dal 1977 al 2017 – con fotografie che documentano gli eventi legati al recupero e messa a cultura di terreni pubblici e privati abbandonati. Un convegno per riflettere sulla mostra fotografica in corso presso il museo di Roma in Trastevere.
La mostra comprende documenti, filmati e un repertorio di circa 60 fotografie provenienti da diverse sedi territoriali e regionali.
Il percorso inizia raccontando l’occupazione delle terre, che negli anni ’40 ebbe un forte sviluppo con l’obiettivo di sconfiggere il latifondo attraverso l’esproprio dei terreni e l’assegnazione ai braccianti e ai contadini.
Le foto documentano, poi, gli anni che vanno dal 1977 al 1981, periodo in cui sono state fondate centinaia di cooperative, in larga maggioranza da giovani disoccupati che hanno recuperato migliaia di ettari di terreni incolti e mal coltivati, soprattutto di proprietà pubblica.
Gli obiettivi erano il rilancio dell’agricoltura, il ritorno dei giovani alla terra, il miglioramento della qualità del cibo e degli alimenti, la salvaguardia del territorio e del paesaggio agrario, la creazione di fattorie educative, la promozione culturale e l’inserimento di ragazzi disabili ed emarginati.
Delle circa 2.000 cooperative di giovani, costituitesi entro l’inizio del 1980, con la partecipazione complessiva di circa 50.000 soci, oggi ne restano attive sicuramente di meno, ma non per questo si deve parlare di fallimento.
Il percorso fotografico si conclude, infatti, con le cooperative di giovani che in epoca più recente hanno occupato e recuperato nuovamente le terre incolte, che si sono costituite nella terra dei fuochi, o hanno preso in gestione terreni agricoli confiscati alle mafie.
Attraverso il materiale esposto si desidera quindi fornire anche un’occasione di riflessione sulla potenzialità di riscatto economico e occupazionale che il recupero delle terre può, ancora oggi, rappresentare, soprattutto nelle aree più depresse d’Italia.