Emanuele Macaluso, “c’è un mondo che lavora e produce di cui nessuno parla”, quello delle cooperative agricole e sociali. “Quarant’anni d’impegno dall’occupazione delle terre alla creazione delle cooperative agricole e sociali”
All’interno di questo dibattito sul ruolo che hanno avuto e che potranno avere le cooperative agricole e sociali, mi è stato chiesto di parlare delle occupazioni delle terre nel dopoguerra e della nascita del movimento cooperativo come espressione del movimento dei contadini.
È indubbio che quel movimento contribuì allo sviluppo e alla modernizzazione dell’agricoltura in Sicilia e nel Mezzogiorno. Come è altrettanto indubbio il significato che ha avuto per la democrazia italiana la grande partecipazione popolare, l’organizzazione dei lavoratori e l’impegno politico anche a costo di vite umane (con l’uccisione per mano mafiosa di 36 dirigenti sindacali e la strage di Portella della ginestra).
Quel movimento cancellò il semifeudalismo e il baronaggio, e quindi ha contribuito al ricambio di classe dirigente, aprendo nuove frontiere nella lotta per l’emancipazione dei lavoratori. Nel 1977, poi, ci fu un movimento di occupazione delle terre, sopratutto nel Lazio, e la formazione di tante cooperative di giovani.
In questi anni i media hanno parlato delle cooperative come se fossero tutte come quelle degenerate di Buzzi e altri.
Ne parlo perché negli ultimi anni la politica e i partiti, che si dicono eredi di sinistra, hanno ignorato o snobbato il movimento cooperativo, cercando solo consenso politico in cambio di una neutralità interessata. I contributi esposti in queste pagine da tanti cooperatori, dai compagni del sindacato e delle associazioni dei contadini sono di grande interesse.
C’è un mondo che lavora e produce, e fa attività sociale, di cui ormai nessuno parla.
Il tutto in un Paese che non discute più su cosa è e su cosa possa essere l’agricoltura, in un momento che conosce enormi mutamenti anche sul terreno dell’innovazione tecnologica e dei mercati.
Il Ministro ancora una volta non presenta proposte che affrontino i nodi che il mondo agricolo si trova a sostenere, legati all’urgente questione ambientale.
La verità è che ormai le cooperative, così come il sindacato, non hanno più un retroterra politico. Ma la politica della sinistra è stata per più di un secolo intrecciata con lo sviluppo del sindacato, della cooperazione, dell’associazionismo.
Tutto è chiaro, ha bisogno d’innovazione, di adeguamenti al secolo in cui viviamo. Ma la cancellazione di una storia si è tradotta in una cancellazione dell’oggi. Quando dico che c’è una speranza in cui credere, intendo dire che incontrando, alla presenza di giovani, si ha la conferma che la sinistra non è morta. Vive nella società. Occorre farla vivere nella politica.