L’Unione Europea si occupa di ambiente e produzione agroalimentare in una visione di sostenibilità dello sviluppo. Con anni di ritardo e qualche contraddizione, come mettere l’uomo al centro e la natura sempre a latere
Il 20 maggio 2020, nel bel mezzo della pandemia mondiale, due documenti molto attesi sono stati adottati dalla Commissione Europea—una nuova strategia per la biodiversità e la “farm to fork strategy”. Nonostante i due documenti siano distinti sono altamente correlati tra di loro, rappresentando gli stessi ideali per un mondo più sano—che sia focalizzato alla creazione di una società rispettosa dell’ambiente, per un futuro più sostenibile. La strategia Europea per la biodiversità prevederà un investimento di 20 miliardi di euro all’anno per raggiungere i suoi targets, affrontando in modo diretto, l’eccessivo sfruttamento delle nostre risorse naturali.
Obiettivi ambiziosi, ma forse in ritardo
La strategia per la biodiversità 2030 ha misure ambiziose anche se, ad essere onesti, adottate con un certo ritardo. Queste misure riguardano il risanamento delle foreste, del suolo, delle paludi, dei mari e di tutti gli altri ecosistemi degradati, tramite obiettivi giuridicamente vincolanti; oltre a costruire aree protette, piantare milioni di alberi, ed aumentare gli spazi verdi nelle città, tutto entro il 2030. La strategia “Farm to Fork” si focalizza sul dimezzo dell’uso dei pesticidi chimici, dello spreco alimentare a livello di produzione e consumo domestico, sulla perdita di nutrienti e antimicrobici per gli animali da allevamento e in acquacoltura entro il 2030. La strategia include anche la riduzione dell’uso di fertilizzanti chimici, un arresto al deterioramento della fertilità del terreno, e l’aumento delle colture biologiche, tra le priorità. Il documento prevede che, l’etichettatura diverrà obbligatoria per tutti i prodotti alimentari riportando i loro aspetti nutrizionali, climatici, ambientali e sociali; sebbene tali obiettivi siano molto promettenti, rimane non chiaro quando e come verranno realizzati.
Un strategia farm to fork per la filiera del cibo
L’attenzione che la strategia Farm to Fork dà alla trasmissione di migliorati valori alimentari attraverso le filiere del cibo e di rendere più facile una scelta salutare, è molto promettente, ma le specifiche di come queste misure verranno adottate non sono ancora chiare. Nonostante ogni nazione, regione e città dovrebbe giungere ad una soluzione propria, basata sulle realtà specifiche —spesso un metodo unico, come abbiamo spesso visto, fa più male che bene—lascia comunque molto spazio all’interpretazione, il che potrebbe inibire la potenzialità delle misure adottate. Per esempio, la riduzione dei pesticidi, è una misura fantastica ma non viene stabilito da cosa i pesticidi verranno sostituiti—come gli agricoltori impareranno la rotazione e consociazione delle colture, ed altre pratiche naturali di gestione dei parassiti — sebbene la strategia prevede la pubblicazione di documenti per guidare gli Stati membri per ciascun obiettivo. Inoltre, focalizzarsi sull’aumento delle colture biologiche è importante ma non viene specificato ad esempio, quale tipo di agricoltura biologica, dato che l’etichettatura biologico non garantisce di fatto la salubrità e la mancanza di sostanze chimiche nei prodotti (il disciplinare del biologico elenca più di 150 prodotti chimici permessi); inoltre, si discosta dal l’agroecologia di cui abbiamo bisogno per proteggere pienamente il nostro ambiente e coloro che ci vivono.
La natura resta sullo sfondo e l’uomo al centro
Ciò che entrambi i documenti hanno in comune, al di là dell’immagine positiva che trasmettono per l’Europa, è il tentativo di utilizzare queste misure per recupero dalla crisi di Covid-19 e per prevenire future vulnerabilità del sistema. Tutte le misure elencate in questi documenti sono un riflesso dei valori e dei bisogni umani. In entrambi i documenti non c’è un linguaggio intrinseco che dia valore alla natura in se per se. Dando un prezzo alla natura per salvarla, rischiamo i possibili danni che potrebbero essere arrecati quando i benefici economici vengono smentiti o modificati. Il rischio è anche che tutti i servizi ecosistemici che non sono quantificabili, diventino liberi per tutti. Ciò che è necessario, è un cambio di paradigma nel modo in cui concepiamo la nostra relazione con il mondo naturale, per esempio vedendo noi stessi come parte di esso, non una componente esterna e non relegando la natura a recinti o spazi assegnati. Sembra che, attribuendo un valore monetario alla natura, la biodiversità possa crescere pur vivendo nell’attuale modelli di ‘business as usual’, che dovrebbe invece essere la nostra ultima risorsa; contrariamente, in questi documenti, questo sembra essere il modello di azione prescelto. Il Covid-19 ha messo in luce la già nota inadeguatezza dei sistemi alimentari, dunque è cruciale utilizzare questo periodo per trasformare la nostra relazione con gli ecosistemi ed i sistemi alimentari. Capire quanto la società si affida alla natura è vitale e quindi mostrare come l’economia ne beneficerebbe e quanto lavoro creerebbe e importante, ma è egualmente fondamentale tenere a mente che l’ossessione del dare priorità al profitto è la ragione primaria per cui ci troviamo in questa situazione.
I 2 documenti:
The EU Biodiversity Strategy to 2020 (italiano) + allegato
The farm to fork strategy (inglese)
L’articolo è disponibile di seguito anche in versione inglese
European Biodiversity Strategy
On May 20th 2020, in the midst of the global pandemic, two welcome documents were adopted by the European Commission—a new biodiversity strategy and a farm to fork strategy. Although the two documents are separate, they are woven together, representing many of the same ideals for a healthier world—one that is focused on an environmentally friendly society for a sustainable future. The EU Biodiversity Strategy for 2030 will receive 20 billion euros per year to bring its targets into reality, confronting the overexploitation of our natural resources head-on.
The 2030 biodiversity strategy has ambitious, but if we’re honest, long overdue measures to restore forests, soils, wetlands, seas and all other degraded ecosystems through legally binding targets; along with establishing protected areas, planting millions of trees and increasing urban green spaces, all by 2030. The Farm to Fork Strategy focuses on cutting chemical pesticide use, food waste at retail and consumer levels, nutrient losses and antimicrobials for farmed animals and in aquaculture in half by 2030. It also includes the reduction of fertilizer use and deterioration of soil fertility, as well as the increase of organically farmed land as top priorities. Promisingly, it states that food labeling will become mandatory for all products which will explain the nutritional, climate, environmental and social aspects of food products, although the specifics of when and how are unclear.
The focus that the Farm to Fork Strategy gives to transmitting improved food values through the food chain, and making the healthy choice the easy choice, is very promising, but the specifics of how these measures will be done are unclear. Although each country, region, city and town should come up with their own solutions based on their specific realities—a one size fits all solution, as we have often seen, does more harm than good—it still leaves a lot of room for interpretation that may stunt the potentiality of the intended measures. For example, the reduction of pesticides is a wonderful measure, but it is not stated what will replace pesticides—i.e. how farmers will learn crop rotations, companion cropping and other natural pest management practices—although, it does say that documents will come out to guide member states for each target. Further, the focus on increasing organic farming is important, but it doesn’t clearly specify which type of organic farming, as organic farming done in industrialized ways will not achieve the agroecology we need to wholly protect our environment, and those that live within it.
What both of these documents have in common, beyond the very hopeful images they cast for a European future, is their focus on using these measures for European recovery from COVID-19 and as preventative measures for future vulnerabilities. All of the measures listed in these documents are a reflection of human need and value. There is no intrinsic language in either document that values nature in and of itself. By putting a price on nature to save it, we risk the damage that will occur when figures are disproven or changed. It also risks that all ecosystem services that aren’t quantifiable become free for all. What is needed, is a paradigm shift in the way we understand our relationship to the natural world, for example by seeing ourselves as part of it, instead of outside of it—relegating it to fences and assigned spaces. It seems that by putting a monetary value on nature, biodiversity can increase while still living within a model of business-as-usual, which should be our last resort, while in these documents it seems as the first mode of action. COVID-19 has been a great window into seeing the inadequacies of our food systems, therefore it is crucial to use this period to transform our relationship to our ecosystems and food systems. Understanding how much all societies rely on nature is vital, therefore showing how the economy would benefit and what jobs would be created is important, but it is equally critical to keep in mind that a compulsion to prioritize the economy above all is the reason we are in this situation in the first place.