Ancora le oche, ancora in Campidoglio. Per salvare Roma
Una decina di oche che starnazzano per attirare l’attenzione e salvare Roma, proprio come al tempo dei Galli. E’ quello che si troveranno davanti coloro che saranno nella piazza del Campidoglio giovedì 6 febbraio alle ore 16. Non è bastata la manifestazione del 21 gennaio scorso a smuovere le istituzioni del Comune e della Regione e attirare l’attenzione sulla vocazione agricola di Roma promuovendo iniziative per l’occupazione e la salvaguardia di territorio e ambiente.
Anche la manifestazione del prossimo 6 febbraio è stata convocata da RomAgricola, un’associazione che raggruppa varie cooperative agricole, note ai romani, come Agricoltura Nuova, Cobragor, Il Trattore, Coraggio, Capodarco, Mistica e fattorie Sociali. Ma anche uomini di cultura e urbanisti come Vezio De Lucia, Carlo Cellamare, Davide Marino, Walter Tocci e Daniele Archibugi o personalità dello spettacolo come Giuseppe Cederna o Marco Giusti (l’inventore di Blob). Tutti quanti insieme a chiedere che Roma metta fine al consumo di territorio e ritrovi invece la sua vocazione agricola.
Una richiesta, quella di RomAgricola, che parte dalla realtà dei numeri. Con i suoi 63.000 ettari di territorio agricolo, Roma è il comune agricolo più grande d’Europa. E la superficie pubblica coltivabile supera addirittura i 10.000 ettari. Cifre tali che possono candidare Roma a essere la Capitale Agricola d’Europa.
Ma sono cifre che possono essere inutili se non c’è un’azione positiva da parte delle istituzioni pubbliche, Comune e Regione, alle quali RomAgricola ha indirizzato una lettera con alcune richieste precise.
“Dobbiamo smettere di aggredire e consumare il nostro suolo – dice Matteo Amati, portavoce dell’Associazione – abbiamo manifestato il 21 gennaio e lo facciamo anche oggi. Non ci fermeremo finchè non ci staranno a sentire. Altre città europee stanno cercando di rispondere a questa nuova esigenza etica della comunità, nonostante abbiano un territorio agricolo molto inferiore al nostro. A Parigi la Sindaca Hidalgo, pur con poche centinaia di ettari a disposizione, ha incaricato una cooperativa di razionalizzare il sistema rurale con l’obiettivo di produrre, con modalità biologiche, 30 milioni di pasti l’anno, di cui 22 destinati alle mense scolastiche”.
“Nel manifesto che abbiamo presentato alle Istituzioni – prosegue Amati – ci sono tutti gli obiettivi che vogliamo raggiungere: un bando rivolto ai giovani per l’accesso alle terre pubbliche; il sostegno all’agricoltura sostenibile e alla biodiversità; la promozione di cooperative che favoriscano, oltre che la produzione agricola, anche l’inclusione sociale di persone diversamente abili, anziani o emarginati; lo sviluppo di filiere corte attraverso mercati rionali riservati ai soli produttori; la progettazione di una nuova città metropolitana a consumo di suolo zero. Sono obiettivi ambiziosi, ma non impossibili, perché non saremo soli – come si legge nel Manifesto. Con noi ci dovranno essere gli Enti di Ricerca, le Università, gli Enti di Sviluppo Agricolo, le Scuole agrarie e del turismo. E questo lavoro in comune dovrà trovare la sua sintesi in una Seconda Conferenza Agricola Cittadina di Roma. Quarantadue anni dopo quella convocata dall’allora Sindaco Giulio Carlo Argan il quale, da vero uomo di cultura, era convinto che il lavoro nei campi fosse una fonte preziosa di occupazione e anche una riscoperta di valori umani produttivi e culturali”.
Non si parte da zero. Si parte da tante realtà già esistenti, di cooperative che occuparono terre pubbliche alla fine degli anni Settanta e che oggi danno lavoro a centinaia di persone, anche diversamente abili, con attività polifunzionali come trasformazione dei prodotti, vendita diretta, attività culturali, pratiche di agricoltura biologica.
Alle Istituzioni il compito di valorizzare queste esperienze con la visione di una città diversa. Possibile.